Chiara Natta
Chiara Natta presenta un autoritratto composto da due fotografie. In una si ritrae investita da un cono di luce, appare con i capelli scarmigliati, nell’altra un cespuglio o un arbusto sembra energicamente uscire dal terreno.L’accostamento trova ragione nella continua ricerca dell’autrice sulla natura che riesce comunque a prendere il sopravvento, anche quando l’uomo sembra prepotentemente invadere gli spazi e il cespuglio diventa metafora dell’uomo che vive in una comunione di origini e destino con la natura stessa. Le immagini sono solo due ma sono la sintesi di una poetica sentita e vissuta molto intensamente.
Margherita Levo Rosenberg
Quadro quadrato a quadretti con radiografie,fotocopie, silicone su carta. Percezioni di sé, evanescenti, sfuggenti.Nessuna immagine sembra reale ma appena percepita. Noi come percepiamo gli altri? Immagini sfuggenti?Qual è la verità di un autoritratto se non l’insieme di sensazioni che si susseguono e mai si fermano nella rigidità di una posa? Margherita Levo Rosenberg è partita dalla più tradizionale fototessera necessaria per riconoscere l’identità di una persona compiendo un processo di dissolvimento. In ogni quadretto l’immagine si stempera creando l’impressione di un’identità. Ma non è questa esperienza reale e quotidiana di tutti noi tra la folla? Gli altri sono una scia che si imprime nella nostra retina e l’autoritratto di Levo Rosenberg sembra rappresentare la scia di sé stessa, altrettanto reale ma senza i tratti di un’identità ferma. E’ una giocosa divagazione sull’identità che sembra attingere dal nostro rapporto con il mondo. La serialità dell’immagine che si ripete ma, in posizioni sempre diverse nel quadretto, e le sfumature cromatiche mai uguali suggeriscono l’inevitabile variabilità della memoria e dei ricordi che contengono insieme fissità ed evanescenza.
Margherita Levo Rosenberg – HUMAN TRANSLATION ON ME Margherita Levo Rosenberg – LA TEORIA DEI BUCHI ROSSI
Piera Cavalieri
“Queste messe in scena sfruttano l’inganno a cui tutti tendiamo a credere:ciò che il nostro occhio vede è vero. E così l’inverosimile diventa vero e così le uova disposte sul pavimento, esposte nella loro fragilità dove potrebbero essere calpestate in un attimo, a rappresentazione della vita che può volare via improvvisamente…Le storie del passato ci portano interrogativi verso altre storie così come la Barbie che cavalca verso chissà quale futuro …” da prefazione di Giuliana Traverso in “Qualcosa e non” di Piera Cavalieri
Piera Cavalieri – con il pesce Piera Cavalieri – e se Piera Cavalieri – senza titolo
Raffaella Castagnoli
“Nero
la negazione rinuncia capitolazione completa abbandono limite assoluto oltre il quale non c’è più nulla
Rosso
amore dinamismo passione sensualità fierezza forza sicurezza”
Questi i titoli dei due trittici con cui si autorappresenta Raffaella Castagnoli: Nero e Rosso e rispettivamente i testi impressi sulle immagini. Al centro c’è lei col volto parzialmente nascosto in entrambe le immagini da un libro. Nel primo caso il libro in questione contiene le poesie di Silvia Plath nel secondo caso il volume Fotografia del xx secolo. L’annientamento e l’energia vitale che si contrappongono. Silvia Plath con la sua straordinaria poesia e la sua tragica fine ben si accompagnano al gelo che rattrappisce quel che sembra la sagoma di un fiore e a quella mantella nera che avvolge un manichino, sagoma di un corpo vero che non c’è. Ma Raffaella al centro non è nera, non ci appare in una corporeità nera come gli oggetti ai lati. È chiara, quasi eterea come sfuggente dal nero.
Rosso, vita, passione, lei è ben presente al centro e i suoi occhi sono più visibili senza occhiali, la passione non si può nascondere e il rosso cerca la complicità dello spettatore. A sinistra un abito colorato sembra alludere a un corpo che sta per indossarlo e a destra quelle che potrebbero essere corolle di fiori pronte a schiudersi.
Due trittici molto forti che insieme offrono una chiave di lettura molto intensa.
1.Raffaella Castagnoli – Nero, 2.Raffaella Castagnoli – Rosso
Monica Bellonzi
Le sue sono performance sulla “normalità”, così Monica Bellonzi definisce la sua tematica. Certamente è una normalità interpretata, dove tutti riconosciamo qualcosa di familiare riletto in chiave ironica. I colori o le ambientazioni viste con tocco autoironico sembrano richiamare una certa filmografia, come per esempio quella di Almodovar. “Sono sempre io” con la loro apparente semplicità sanno coinvolgerci e farci sorridere perché tutti, guardandole, riusciamo a trovare un modo per guardare con leggerezza la vita in questi nostri interni domestici così faticosi e a immaginare come piccoli dettagli possono essere i semi per grandi storie. Piera Cavalieri “…Monica Bellonzi ha rappresentato con questa serie di scatti unici il tema dell’autoritratto finalizzato a riflettere sulla sua condizione femminile e sui caratteri della propria femminilità. Il colore e il tutto a fuoco pongono in grande evidenza scenari domestici, ideati e costruiti dall’autrice con spiccata e divertente ironia ma anche calda passionalità nell’attraversare questi stati d’animo nei quali si riconosceranno altre donne…” Silvano Bicocchi (Direttore del Dipartimento Cultura della FIAF) dal blog di Agorà Di Cult Monica Bellonzi – Sono sempre io
Cinzia Battagliola
Sul filo dei sogni – di Cinzia Battagliola, a cura di Piera Cavalieri Cinzia Battagliola affronta la tematica della corporeità sfidando e giocando con gli stereotipi maschili. Nel suo rifugio, nella sua “stanza dell’arte” ricavata in uno spazio della sua casa realizza queste messe in scena dove lei diventa dominatrice del suo corpo e con il suo corpo ci parla e si racconta. E’ interessante il suo percorso visto in senso cronologico. Dalle prime Polaroid dove lei interviene direttamente con il disegno, alle ultime ricerche, le “Metamorfosi”, dove sembra sentirsi forte il desiderio di espansione nello spazio e il corpo, con una metamorfosi floreale elegante e leggera, fluttua al di fuori dello spazio confinato del fotogramma. Piera Cavalieri “…si è chiamati al confronto con sentimenti contrastanti: quelli amorosi più teneri e quegli altri duri, della realtà consumistica che ha ridotto la donna a oggetto di piacere. In entrambi i contesti, con l’autenticità dei propri messaggi, Cinzia Battagliola riesce a porsi tematicamente e poeticamente oltre al già visto e a toccare le corde intime del lettore.” Silvano Bicocchi