IL LIBRO : Federico Pacini “PURTROPPO TI AMO”

PURTROPPO TI AMO

di Federico Pacini


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Federico Pacini© Purtroppo ti amo

Le fotografie di Federico Pacini sono un catalogo inesauribile di angoli nascosti e lontani dall’ordine decorativo di Siena. Sono fermate del bus, dove la gente sembra non aspettarlo più o dove gli orari sono stati coperti alla bell’e meglio con un nylon nero o dove improvvisamente l’immagine di una santa appare sulla pensilina dell’attesa. E poi personaggi famosi che spuntano da sbiadite locandine nei posti più improbabili. Papa Francesco vicino a una pubblicità porno, Hanna Montana che sembra invecchiata a forza di stare lì. Ci si chiede ma quando le ha fatte? Sono proprio i nostri giorni. Immagini che appaiono di tempi andati e che sembrano profumare di brillantina come quella foto che ritrae un barbiere, di un tipo che pensavamo non esistesse più. Ogni volta una sorpresa. Francesco Pacini non è un cercatore di bellezza già riconosciuta e già passata ai libri di storia dell’arte. Cerca luoghi più autentici, forse più intimi. La verità del luogo diventa ricerca artistica. La città è stratificazione, è anche un apparente appena passato che convive con il contemporaneo. E quel “purtroppo ti amo”, scritta che incontra nelle sue peregrinazioni, esplicita un lato meno desiderabile rispetto all’apparenza. Ben si addice alla bella Siena, solo evocata nelle cartoline souvenir cotte dal sole, e da immagini del palio che troviamo ad onorare anche i luoghi più impensati. Pacini cerca anche un punto di vista affettuosamente comico per guardare la città. Il suo sguardo disincantato, ma ancora innamorato trova scritte ingenue e incomplete che ci fanno sorridere : una desolata pubblicità delle investigazioni, un cinema sorto in una squallida piazzetta, un giardino con gli immancabili nanetti, l’auto del sig. Egisto che fa servizi funebri scontati, ristoranti cinesi che promettono felicità e molto altro. Affiora qualcosa di anacronistico, ed è la fotografia che lo fa emergere e ci riguarda direttamente perché, come i luoghi, anche ciascuno di noi ha degli anacronismi personali, qualcosa di infantile e vecchio insieme o di già vecchio e che apparteneva ai nostri genitori o al loro mondo. Gli anacronismi ci interessano, perché parlano di noi, e la loro fotografia ci interessa perché blocca la nostra vita e ci consente di vedere da vivi quel che siamo stati. Il dialogo interiore di Pacini con questa città, dove i decenni scorsi sembrano non essere mai finiti e il futuro resta dietro l’angolo e dove la gente nonostante tutto sa sempre divertirsi, fare volontariato e arrangiarsi, ritrae la speranza di questo Paese.

Piera Cavalieri

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